La de/costruzione degli archivi (razzisti/antirazzisti) in The Distance di Ivan Vladislavić
DOI:
https://doi.org/10.4454/syn.v5.1200Parole chiave:
Photographic archives, Anti-racism, Apartheid and post-apartheid, Muhammad Ali, Sport and postcolonial literatureAbstract
La poetica di Ivan Vladislavić è ricca di richiami agli archivi. L’esempio più famoso è rappresentato dal suo romanzo Double Negative (2011), che trae ispirazione dagli archivi fotografici di David Goldblatt, in particolare il volume TJ: Johannesburg Photographs 1948-2010. Anche The Distance (2020), uno dei romanzi più recenti di Vladislavić, si riferisce spesso agli archivi e vi ricorre in modo consistente. Il presente contributo mira a condurre un’analisi approfondita dello stato, della funzione e del destino di tali archivi. In primo luogo, l’archivio fotografico dedicato alla copertura mediatica della vita e della carriera di Muhammad Ali crea un preciso ancoraggio agli inizi degli anni Settanta, conferendo al romanzo la fisionomia di un ‘fototesto’ antirazzista – genere che, in Italia, è stato ad esempio indagato da Luigi Marfè. Il lato opposto di questi ritagli di giornale mostra articoli inerenti alla vita in Sudafrica dello stesso periodo storico, in cui i richiami all’apartheid si colgono solamente tramite una sorta di lettura in filigrana tra le crepe e le fratture dell’impaginazione fronte/retro, così come attraverso le voci a contrasto dei due narratori, Joe e Branko, fratelli e co-protagonisti ai quali fa capo la diegesi. Inoltre, un riferimento esplicito al National English Literary Museum funge da richiamo ai lasciti di scrittori, artisti e intellettuali sudafricani, mentre l’archivio perduto, un diario segreto della madre dei protagonisti, acquista rilevanza in relazione alla narrazione di una saga familiare, un Familienroman. Il funzionamento degli archivi è qui esaminato attraverso le teorie di Derrida, Mbembe e Foucault.
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