L'oggetto empatico
DOI:
https://doi.org/10.4454/qb0f7h86Parole chiave:
empathy, neuroscience, transference, Lacan, Freud, KohutAbstract
L'empatia occupa indubbiamente una posizione di rilievo nei dibattiti culturali contemporanei. Questo saggio ne decostruisce il significato e i luoghi comuni ad esso associati. Le conclusioni a cui si perviene nascono da una rilettura del concetto originario di empatia introdotto da Heinz Kohut, favorendo una operazione decostruttiva che si avvale della genealogia, attraverso la psicoanalisi freudiana e lacaniana, della filosofia contemporanea e dei recenti contributi delle neuroscienze. È così che l'empatia si sposta dalla dimensione relazionale, a cui è stata legata dalla tradizione e dal senso comune, alla dimensione di campo in cui Kohut l'aveva originariamente collocata. Allo stesso tempo, la pratica clinica psicoanalitica rivela che l'empatia non è una questione di sguardo o di sentimento, ma di contatto o, meglio ancora, di contatto tra analista e analizzante e, di conseguenza, tra tutti i soggetti/oggetti empatici. Ma se il contatto è al centro dell'empatia, lo è anche la sua natura sfuggente: nell'afferrare perdiamo sempre qualcosa, nel perdere afferriamo sempre qualcosa. L'incontro mancato è quello riuscito.
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