La Puglia adriatica e l’Adriatico centro-settentrionale tra il 425 e il 380 a.C.: peculiarità e analogie nell’importazione di ceramica attica alla luce delle più recenti scoperte nelle due aree
DOI:
https://doi.org/10.4454/ostraka.v32.748Parole chiave:
trade, Adriatic Sea, Attic pottery, Apulia, Marche, EtruriaAbstract
La recente pubblicazione di monografie sulla scoperta di ceramiche attiche lungo le coste adriatiche inferiori, centrali e superiori, sia in contesti funerari che residenziali, ci spinge a rivedere un tema che è stato ampiamente dibattuto nei decenni passati, ovvero la possibile inclusione delle varie aree della costa adriatica occidentale in un unico circuito commerciale: un'ipotesi che presentava, da un lato, ostacoli "geografici" – le importuosa Italiae litora citate da Livio (anche "alimenoi", secondo Strabone) lungo il tratto di Adriatico centrale – e, dall'altro, la diversa consistenza dei reperti ceramici nelle tre aree.
Numerosi tentativi sono stati fatti per spiegare le dinamiche del commercio lungo la costa occidentale adriatica e, recentemente, l'isola di Palagruza è stata identificata come una possibile tappa intermedia nella navigazione dalla costa occidentale dell'Adriatico inferiore ai ricchi mercati dell'Etruria padana. Tuttavia, la sola documentazione ceramica di Palagruza non è sufficiente a spiegare il gran numero di officine che avevano come mercati di riferimento le aree dell'Adriatico inferiore e superiore: basti pensare, ad esempio, alla produzione del Pittore di Talos, di cui un magnifico esempio di cratere a volute è conservato a Ruvo di Puglia, con la raffigurazione del mitico Gigante di Bronzo, guardiano di Creta, un soggetto che ritorna, dipinto dallo stesso pittore su un cratere a calice di Spina, oppure le tazze e i crateri dei Pittori di Meleagro e di Jena, numerosi a Spina, ma che ora cominciano a acquisire consistenza numerica anche nei siti peucetici affacciati sull'Adriatico (in particolare a Ruvo), o gli askoi e i gutti, precedentemente noti solo a Spina in Valle Pega e Valle Trebba. Gli studi e le pubblicazioni più recenti pongono quindi il problema dell'inclusione della costa occidentale dell'Adriatico inferiore e superiore in una singola rotta di distribuzione e la nostra intenzione è quella di rendere conto delle nuove officine ceramiche che sono state identificate, le quali documentano questo fenomeno, e che sono anche in parte conosciute lungo la costa adriatica centrale, dove la ricerca sta evidenziando una penetrazione sempre più consistente di ceramiche attiche e di Magna Grecia.
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