Libertà tragiche
DOI:
https://doi.org/10.4454/dioniso.v14.990Parole chiave:
Greek tragedy, Aeschylus, Sophocles, Euripides, freedom, freedom of speech, Athenian womenAbstract
Questo articolo considera l'utilità della tragedia come fonte storica, in particolare sulla questione delle libertà personali nell'Atene del V secolo. Il principio metodologico di fondo è che dobbiamo considerare la tragedia come dramma prima che evidenza. Il saggio esamina brevemente la libertà di parola e poi, più diffusamente, la libertà di movimento, con un'attenzione particolare alla movimento, con un'attenzione specifica al movimento dei personaggi femminili. Attraverso l'esame delle prime entrate in scena nei testi teatrali esistenti, cerco di di scoprire quali presupposti fossero condivisi tra poeta e pubblico sulla capacità della donna di uscire di casa e di entrare negli spazi pubblici della città. Nei limiti delle prove disponibili, sembra che (1) le donne tragiche facciano quasi sempre il loro primo ingresso dalla skené nelle opere in cui l'edificio rappresenta una casa o un palazzo, e (2) ci siano vincoli sociali alla libertà delle donne non sposate in tragedia. Tuttavia, ci sono frequenti variazioni rispetto a questo schema. Le libertà e le non-libertà tragiche emergono come contestabili e soggette allo status sociale percepito.
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